Il licenziamento per “giusta causa”

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Licenziamento per giusta causa

Si sente spesso parlare di licenziamento per “giusta causa”. Abbiamo già trattato dei licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo in altro articolo pubblicato in questo sito: La riforma dell’art.18 dello statuto dei lavoratori”, a cui si rimanda per la relativa disciplina.

Di seguito, vogliamo dedicare specifica attenzione ai licenziamenti per giusta causa, comprendendone la nozione ed evidenziandone le ipotesi più frequenti nella prassi.

Ai sensi dell’art. 1 della L. 604/66 in materia di licenziamenti individuali, “il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 del Codice civile o per giustificato motivo”.

Ai sensi dell’art. 2119 c.c., “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto

Dunque, ai sensi di legge, GIUSTA è la CAUSA che NON consente la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro.

Secondo una definizione ricavabile dalla predominante e pacifica Giurisprudenza in materia, la giusta causa di licenziamento si configura in relazione a una mancanza del dipendente che, valutata nel suo contenuto oggettivo oltre che nella sua portata soggettiva, in relazione alle circostanze in cui è posta in essere, nonché con riferimento all’intensità dell’elemento intenzionale, risulta gravemente lesiva della fiducia che il datore di lavoro deve riporre nel proprio dipendente, rendendo il rapporto di lavoro improseguibile anche solo provvisoriamente.

L’elemento “soggettivo” può consistere in una condotta dolosa, ma anche in una grave e colpevole distrazione/errore del dipendente, tale da compromettere la fiducia del datore di lavoro.

Si citano alcune fra le tantissime pronunce in punto di giusta causa:

“La giusta causa di licenziamento deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, in particolare, dell’elemento fiduciario, dovendo il giudice valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all’intensità del profilo intenzionale, dall’altro, la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, per stabilire se la lesione dell’elemento fiduciario, su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro, sia tale, in concreto, da giustificare la massima sanzione disciplinare; quale evento “che non consente la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”, la giusta causa di licenziamento integra una clausola generale, che richiede di essere concretizzata dall’interprete tramite valorizzazione dei fattori esterni relativi alla coscienza generale e dei principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che hanno natura giuridica e la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l’accertamento della ricorrenza concreta degli elementi del parametro normativo si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici e giuridici”. (Nella specie, la Corte territoriale, nel dichiarare illegittimo per difetto di proporzionalità il licenziamento di un impiegato di banca trovato in possesso di sostanze stupefacenti, aveva evidenziato trattarsi di droghe “leggere”, detenute per uso personale, e non a fini di spaccio, in circostanze di tempo e luogo compatibili con l’ipotesi del consumo non abituale; la S.C., ritenendo tale motivazione inadeguata rispetto alla clausola generale di cui all’art. 2119 c.c., ha cassato la sentenza). Così, Cass. civ. Sez. lav., 26-04-2012, n. 6498. In tal senso, anche Cass. civ. Sez. lav., 18-09-2012, n. 15654.

In tema di licenziamento disciplinare o per giusta causa, la valutazione della gravità del fatto in relazione al venir meno del rapporto fiduciario che deve sussistere fra le parti non va operato in astratto, bensì con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla qualità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidabilità richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, nonché alla portata soggettiva del fatto, ossia alle circostanze del suo verificarsi, ai motivi e all’intenzione dell’elemento intenzionale e di quello colposo”. Così, Cass. civ. Sez. VI, 26-07-2011, n. 16283.

La giusta causa si differenzia dal giustificato motivo soggettivo principalmente per la diversa gravità, sia sul piano oggettivo che soggettivo, delle mancanze poste in essere dal lavoratore. Il licenziamento per giusta causa costituisce, cioè, la più grave delle sanzioni applicabili al lavoratore e può considerarsi legittimo solo quando la mancanza rivesta una gravità tale che qualsiasi altra sanzione risulti insufficiente a tutelare l’interesse del datore di lavoro, tale da giustificare un licenziamento “in tronco”, immediato e senza preavviso.

Il giustificato motivo soggettivo, invece, individua “un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali” del lavoratore (ex art. 3 l.604/66). Dunque, inadempimento meno grave, ma comunque notevole, tale sì da giustificare il licenziamento, ma con il riconoscimento del preavviso.

N.B. All’atto di valutare la “gravità” dei fatti invocati dal datore di lavoro per giustificare la decisione di recesso in tronco, il Giudice del lavoro potrebbe convertire un licenziamento intimato per giusta causa in licenziamento per giustificato motivo soggettivo. Si confrontino, al riguardo, le seguenti pronunce: Cass. civ. Sez. lavoro, 17-12-2010, n. 25587 eCass. civ. Sez. lavoro, 14-06-2005, n. 12781.

Facciamo adesso degli esempi concreti:

Si può parlare di giusta causa anche se la condotta del lavoratore non ha provocato danni al datore di lavoro? Secondo la giurisprudenza maggioritaria la risposta è affermativa, in quanto, la fiducia potrebbe risultare compromessa anche nell’ipotesi in cui il datore di lavoro è riuscito ad evitare un evento gravemente dannoso a causa della condotta tenuta dal lavoratore. Si confronti ad es. Cass. Civ., sez. lav. 16260/2004, secondo cui:” In caso di licenziamento per giusta causa, ai fini della valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso, viene in considerazione non già l’assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale, ma la ripercussione sul rapporto di lavoro di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento, in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del dipendente rispetto agli obblighi assunti”.

La giusta causa coincide esclusivamente con un grave inadempimento contrattuale? La risposta è no. La giusta causa è integrata anche da fatti e comportamenti del lavoratore estranei alla sfera del contratto, purché idonei a ripercuotersi nell’ambiente di lavoro e a compromettere la fiducia del datore di lavoro. In questo, la giusta causa si differenzia dal giustificato motivo soggettivo in quanto, quest’ultimo riguarda comportamenti attinenti esclusivamente il rapporto contrattuale.

– Integrano la giusta causa anche fatti relativi alla vita privata del lavoratore? Dipende. Sempre secondo la Giurisprudenza, i fatti attinenti la vita privata del lavoratore non rilevano al fine di giustificare il recesso del datore di lavoro per giusta causa, a meno che, però, siano tali da compromettere comunque la fiducia del datore di lavoro o addirittura tali da essere compromettere l’immagine del datore di lavoro a causa del loro disvalore morale/sociale. L’esempio tipico è quello in cui il lavoratore commetta dei reati, al di fuori del lavoro: la Giurisprudenza ha in più occasioni ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa del lavoratore che, addetto a mansioni implicanti il maneggio di denaro, ha subito una condanna per reati di natura economica (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 13-04-2002, n. 5332), oppure che si è macchiato di reati gravi come gli atti di libidine violenta nei confronti di minorenni (cfr. Cass. civ. sez. lav., 14-07-2011, n. 9590).

Costituisce giusta causa anche uno scarso rendimento del lavoratore? Secondo la Giurisprudenza la risposta è affermativa solo se lo scarso rendimento derivi da una condotta inadempiente e negligente del lavoratore, protratta nel tempo, rispetto agli obblighi contrattuali assunti e nonostante la sussistenza di precedenti richiami da parte del datore di lavoro. Cfr. ad es. Cass. civ. Sez. lavoro, 22-02-2006, n. 3876; Cass. Civ. 6747/2003; Cass. civ. Sez. lavoro, 01-12-2010, n. 24361, Cass. civ. Sez. lavoro, 22-01-2009, n. 1632.

 – Giusta causa e pluralità di condotte contestate. Si possono verificare diverse ipotesi. Ad. es.: nel caso in cui il datore di lavoro contesti al lavoratore una pluralità di comportamenti, il Giudice dovrà accertarne la sussistenza nella loro totalità e concatenazione al fine di valutarne la gravità, potendo ravvisare, però, la “giusta causa” di licenziamento anche solo in uno o solo alcuni dei comportamenti ascritti (Cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, sent., 02-02-2009, n. 2579). Non integra giusta causa, e potrebbe non integrare nemmeno un giustificato motivo soggettivo, le condotte del lavoratore che, per le loro concrete modalità e per il contesto di riferimento, risultano conformi ad una prassi aziendale, nota al datore di lavoro (Cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 13-02-2012, n. 2013).

Integrano giusta causa anche condotte conosciute dal datore di lavoro successivamente alla intimazione del licenziamento? No, se si tratta di fatti diversi rispetto a quelli posti a fondamento del recesso, al fine di non pregiudicare il lavoratore, che vedrebbe altrimenti frustrata la possibilità di contestare la risoluzione unilateralmente attuata dal datore (c.d. principio di “immodificabilità” delle ragioni comunicate come motivo del licenziamento). Conseguentemente il datore di lavoro potrà indicare mere circostanze confermative o integrative dei fatti già contestati, che non ne mutino la oggettiva consistenza. Circostanze, queste ultime, che potranno chiaramente orientare il convincimento del Giudice.

Giusta causa e previsioni del CCNL. Le sanzioni disciplinari previste nei CCNL in relazione a determinate condotte tipiche ivi elencate sono vincolanti per il Giudice? Si ritiene che le previsioni di cui ai CCNL siano vincolanti in favore del lavoratore. Questo significa che se il datore di lavoro pone a fondamento del recesso per giusta causa una condotta prevista, invece, dal CCNL come condotta integrante una mera sanzione conservativa, è da escludere che il Giudice possa valutarla quale infrazione più grave. Al riguardo, è intervenuta anche la Riforma Fornero (cfr. art. 18 co. 4 St.lav), ritenendo gravemente ingiustificato il licenziamento disciplinare intimato in relazione a condotte ritenute, invece, punibili con una sanzione conservativa dai CCNL ovvero dai codici disciplinari applicabili, prevedendo la sanzione della reintegra oltre al risarcimento del danno fino a 12 mensilità (si legga l’articolo già pubblicato su questo sito “La riforma dell’art.18 dello statuto dei lavoratori”).

Giusta causa e condotta colposa del lavoratore. La Giurisprudenza ritiene concordemente che integri giusta causa la condotta del lavoratore che assuma un comportamento non improntato ai principi di correttezza e buona fede nello svolgimento del proprio lavoro. Così, ad es. lo svolgimento da parte del lavoratore, assente per malattia, di altra attività lavorativa tale da pregiudicare o ritardare la propria guarigione (Cfr. Cass. Civ. 21938/2012; Cass. Civ. 16375/2012). O ancora l’assenza prolungata dal lavoro per malattia causata, però, da un comportamento imprudente dello stesso lavoratore (caso di utilizzo di ferie autorizzate non per accudire la madre malata ma per recarsi in vacanza in luogo rischioso in relazione alla possibilità di contrarre malattie; Cfr. Cass. civ. 1699/2011). O ancora, l’essersi assentato dal lavoro per malattia, con l’invio tardivo di certificato medico falso, per andare a giocare un torneo di calcio (cfr. articolo pubblicato su Diritto24)

Si legga qui, per una interessante rassegna di giurisprudenza in materia di licenziamento per giusta causa.

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