La nuova conciliazione obbligatoria preventiva per il licenziamento economico

Conciliazione obbligatoria licenziamento

Abbiamo già evidenziato in altro articolo pubblicato in questo sito (“La Riforma Fornero in pillole”), come la Legge Fornero abbia introdotto, in relazione al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, un tentativo di conciliazione obbligatoria , riscrivendo l’art. 7 L. 604/66: il datore di lavoro (nei cui confronti si applichi il nuovo art. 18 L. 300/70), che intende effettuare un licenziamento per giustificato motivo oggettivo (GMO), deve preventivamente esperire un tentativo di conciliazione innanzi alla Direzione territoriale del lavoro (DTL) del luogo ove il lavoratore presta la propria opera, ex art. 410 cpc.Si tratta di una condizione di procedibilità ai fini dell’intimazione del licenziamento: nell’ipotesi di violazione della procedura prevista, infatti, il licenziamento è del tutto inefficace.

La procedura prevista è la seguente:

–       Il datore di lavoro deve inviare (a mezzo racc. a/r, pec, o a mani) una comunicazione alla DTL del luogo in cui il lavoratore che si intende licenziare presta la propria opera, indicando espressamente i motivi del licenziamento (ai sensi del novellato art. 2 co 2 L. 604/1966) e le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. si svolge il rapporto di lavoro, contenente l’intenzione di procedere al licenziamento e la richiesta di tentativo di conciliazione. Tale comunicazione va inviata per c.c. anche al lavoratore;

–       La DTL, entro 7 giorni dal ricevimento della comunicazione, deve convocare il datore di lavoro ed il lavoratore al fine di esperire il tentativo di conciliazione, che deve svolgersi entro 20 giorni dalla trasmissione della convocazione alle parti. Il termine è prorogabile per una sola volta, su richiesta delle parti, se queste ritengo utile un rinvio al fine di favorire un accordo;

–    A fronte di un legittimo e documentato impedimento da parte del lavoratore, la procedura potrà essere sospesa per un periodo massimo di 15 giorni; è fatto salvo, in ogni caso, l’effetto sospensivo previsto dalle norme in materia di tutela della maternità e partenità ex Dlgs 151/2001, nonché in caso di infortunio sul lavoro;

–     Il datore di lavoro potrà intimare il licenziamento solo una volta che sia decorso inutilmente (per mancanza di accordo) il termine di 20 giorni previsto per la conciliazione, ovvero in caso di mancata convocazione da parte della DTL entro il termine di 7 gg previsto;

–       N.B. nell’ipotesi di licenziamento intimato a seguito della procedura di conciliazione, il legislatore della riforma ha espressamente previsto che il licenziamento produca i suoi effetti retroattivamente fin dalla data di avvio della procedura stessa (quindi dal giorno della comunicazione di avvio del procedimento), salvo il diritto al preavviso o indennità sostitutiva se dovuto. Ciò al fine di disincentivare rinvii “di comodo” da parte dei lavoratori. Il periodo di eventuale lavoro svolto nelle more della procedura vale come preavviso lavorato;

–     Il comportamento tenuto dalle parti durante il tentativo di conciliazione, desumibile anche dal verbale redatto dalla DTL, è valutato dal Giudice nell’eventuale giudizio di impugnazione del licenziamento al fine della determinazione della indennità risarcitoria di cui all’art. 18 co. 7 St. Lav e per la condanna alle spese.

Si rimanda alla circolare del Ministero del Lavoro, n. 3/2013, nella quale sono state riepilogate le varie fasi del tentativo di conciliazione.

L’obbligo di esperimento del sopra descritto tentativo di conciliazione è stato fortemente criticato da più fronti, alla luce degli scarsi risultati ottenuti in passato dal tentativo di conciliazione ex art. 409 cpc, la cui obbligatorietà è stata abrogata dal Collegato Lavoro nel 2010. Solo il tempo e l’attuazione pratica del nuovo strumento ci dirà se risulterà davvero utile al fine di favorire una transazione stragiudiziale tra le parti ovvero se si rivelerà un inutile onere.

 

 

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