L’impugnazione del licenziamento secondo la legge Fornero: problemi e soluzioni

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In data 05/03/2013 si è tenuto a Milano un interessante convegno dal titolo “Il procedimento Fornero sull’impugnazione dei licenziamenti: problemi e soluzioni“, a cui hanno partecipato avvocati, magistrati e professori universitari, con l’obiettivo di fare il punto della situazione sulla impugnazione dei licenziamenti con il “rito speciale” introdotto dalla Legge Fornero, ad 8 mesi circa dalla sua introduzione.

Le problematiche e gli aspetti controversi emersi sono stati, purtroppo, numerosi.

In primo luogo, all’unanimità, i relatori presenti hanno evidenziato come la riforma non abbia tenuto conto delle gravi carenze organiche dei Tribunali, delineando un procedimento che “sulla carta” avrebbe dovuto portare celerità e speditezza, ma che nella pratica si è scontrato con le realtà esistenti, a discapito di quella tanto ambita celerità, semplificazione e snellezza della nuova procedura. A ciò si è aggiunta, poi, la scarsa chiarezza della normativa, che ha determinato negli operatori del settore moltissimi dubbi interpretativi.

Le principali questioni controverse affrontate sono state le seguenti:

nelle ipotesi di licenziamento di cui novellato art. 18 L. 300/1970, il nuovo rito introdotto dalla legge Fornero è esclusivo oppure è facoltativo? In altre parole, la parte deve necessariamente optare per il nuovo rito, oppure può decidere di optare per il rito ordinario nell’ipotesi in cui la domanda riguardi non solo il licenziamento ex art. 18 St.Lav ma ulteriori questioni come ad. es. le differenze retrib.?

L’opinione dominante dei presenti, e dei Giudici del lavoro di Milano, è stata nel senso della esclusività del rito, nonché della sua esaustività, tale, quest’ultima da comportare l’impossibilità di ricorrere al procedimento cautelare ex art. 700 cpc.

Purtroppo, però, non si tratta di una opinione condivisa in tutti i Tribunali.

Ad es. Il Tribunale del Lavoro di Firenze ha adottato all’unanimità delle linee guida interpretative della riforma Fornero, secondo cui sussisterebbe sia una facoltatività del rito (poiché non è possibile presentare con il rito speciale domande diverse da quelle di cui all’art.1 co.47 L.92/2012, sarebbe illogico obbligare la parte a proporre più cause nell’ipotesi di una pluralità di domande, con evidente moltiplicazione dei processi), sia la permanenza, quanto meno, astratta, del ricorso ex art. 700 cpc.

Anche il Tribunale del Lavoro di Monza ha adottato delle linee guida interpretative, assumendo una posizione conforme a quella sopra espressa del Tribunale di Milano circa l’obbligatorietà del rito Fornero e la non compatibilità con il ricorso ex art. 700 cpc.

Altresì il Tribunale del Lavoro di Venezia ha adottato delle linee guida interpretative, optando per la obbligatorietà del rito Fornero e la astratta compatibilità del ricorso ex art. 700 cpc.

Infine, ha assunto una posizione particolare il Tribunale di Piacenza (ordinanza 16/01/2013), il quale nel ritenere l’obbligatorietà del rito Fornero per le controversie ex art. 18 St. Lav, ha però evidenziato come non sussistano preclusione alla possibilità che le parti, con volontà concorde, decidano di  “saltare“  la fase sommaria del procedimento.

– come si identifica l’oggetto delle cause a cui si applica il nuovo rito? Vi sono domande cumulabili? La norma dice che si tratta di un rito speciale dedicato alle controversie che hanno ad oggetto l’impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi di cui al novellato art. 18 L. 300/1970, anche quando debbano essere risolte questioni afferenti alla qualificazione del rapporto di lavoro. Secondo l’opinione maggioritaria dei presenti al Convegno, sono cumulabili con l’impugnativa del licenziamento: – domande relative alla qualificazione del rapporto se funzionali alla impugnativa del licenziamento; – domande fondate sui medesimi fatti costitutivi (es. domanda di risarcimento danni alla integrità psico-fisica del lavoratore; licenziamento ingiurioso).

Non possono, invece, essere assoggettate al rito speciale (secondo la posizione espressa dai Giudici del Tribunale del lavoro di Milano) tutte le domande diverse da quelle di cui all’art. 1 co. 47 L. Fornero, come ad es: – le domande che non hanno ad oggetto un licenziamento in senso proprio (es. disdetta, scadenza del termine, nullità del termine apposto ai contratti a tempo determinato); – le domande di accertamento nei confronti di terzi soggetti, che non riguardino, dunque, il solo lavoratore e datore di lavoro (es. accertamento requisiti dimensionali, somministrazione irregolare appalto illecito; responsabilità committente; esclusione socio lavoratore; – le domande subordinate volte ad ottenere una tutela obbligatoria (soprattutto nell’ipotesi in cui la domanda principale sia pretestuosa). Si cfr. ad es. l’ordinanza del Tribunale di Milano del 18/02/2013, con cui il giudice adito ha rigettato le domande del ricorrente per mancato rispetto del requisito dimensionale necessario per accedere alla tutela reale ex art. 18 St. Lav., dichiarando l’improponibilità di tutte le altre domande svolte.

– cosa accade se si opta per il nuovo rito speciale in relazione a questioni che esulano dal suo oggetto? Sul punto sono emerse le maggiori discordanze tra la posizione assunta dai Giudici del Tribunale del lavoro di Milano, rispetto a quanto sostenuto dagli avvocati e professori universitari.

Per la dottrina in genere, nell’ipotesi di errore sul rito, al fine di favorire la “conservazione” degli atti, bisognerebbe optare per una conversione in favore del rito corretto. In particolare, sono state evidenziate alcune ipotesi:  1) impugnazioni ex art. 18 con rito ordinario = passaggio al rito speciale; 2) domanda che esula oggetto rito speciale con rito speciale (es. differenze retributive) = passaggio al rito ordinario con termine per integrazione atto introduttivo; 3) impugnazione licenziamento + domanda che esula oggetto rito speciale (es. diff. retributive) entrambe con rito speciale = scindere le due domande: quella sull’impugnazione, secondo rito speciale, l’altra, con passaggio al rito ordinario; 4) impugnazione licenziamento + domanda che esula oggetto rito speciale proposte con rito ordinario = separazione; 5) domande riconvezionali del datore di lavoro = ammesse se fondate su identici fatti costitutivi, sennò separazione; 6) impugnazione licenziamento con rito speciale ed in via subordinata domanda di tutela obbligatoria = nell’ipotesi di rigetto della domanda principale, bisognerebbe mutare rito.

Per i Giudici milanesi, invece, contrariamente a quanto sopra esposto, secondo una applicazione rigorosa e restrittiva della norma di legge, la conseguenza dell’errore di rito è la pronuncia di una ordinanza di inammissibilità, non impugnabile. Ciò sulla scorta di una serie di ragioni: nel silenzio della legge Fornero, non si ritiene ammissibile una interpretazione analogica estensiva di norme procedurali come gli artt. 426 e 427 cpc, ovvero art. 4 dlgs 150/2011. Inoltre, ciò sarebbe desumibile anche sulla base dei principi espressi dalla Corte di Cassazione (con riferimento alla procedura di liquidazione dei compensi per le prestazioni giudiziali degli avvocati in materia civile), secondo cui il mutamento di rito presupporrebbe “l’esistenza di due procedimenti a cognizione piena” e non uno sommario con uno a cognizione ordinaria (Cfr. sentenza: 17053/2011; ord. 960/2009 e 23344/2008). Nello stesso senso della inammissibilità, nelle sopra citate linee guida, si sono espressi i Giudici del Tribunale del Lavoro di Firenze, Monza.

Nel senso, invece, del possibile mutamento del rito si è espresso il Tribunale di Venezia (cfr. linee guida), nonché il Tribunale di Genova (cfr. ordinanza 29/01/2013, secondo cui le domande estranee al rito, se fondate sull’ingiustificato licenziamento, devono essere separate dall’impugnativa al licenziamento stesso e devono essere trasferite al rito ordinario: il Giudice ha ritenuto di trattare secondo il nuovo rito la domanda principale di illegittimità del licenziamento e reintegra nel posto di lavoro, nonché la domanda subordinata di applicazione della tutela obbligatoria dirigenziale anzichè di quella ex art. 18 St lav, in quanto fondata sui medesimi fatti costitutivi; ha, inoltre, considerato improponibili con il nuovo rito le altre domande di demansionamento, perdite patrimoniali e straordinari, disponendo in relazione alle stesse la separazione, con conversione del rito e assegnazione alla parti del termine per la regolarizzazione atti).

l’eventuale pronuncia di inammissibilità, determina decadenze? L’ipotesi è quella in cui, entro i 180 gg di legge, si sia depositato il ricorso giudiziale, secondo il nuovo rito, ma questo sia stato però dichiarato inammissibile. L’eventuale decadenza dal diritto di impugnazione del licenziamento è chiaramente l’aspetto che preoccupa maggiormente gli avvocati.

Al riguardo, i Giudici milanesi hanno assunto la seguente posizione: – se il Giudice accerta che si è optato per il rito speciale in assenza dei requisiti dimensionali per accedere alla tutela reale, pronuncia una ordinanza di rigetto; – se, invece, si tratta di domande che esulano dall’oggetto del rito speciale, come sopra evidenziato, vi sarà una ordinanza di inammissibilità che comunque impedisce la decadenza di cui all’art. 32 del Collegato Lavoro; l’iniziativa giudiziaria assunta dalla parte nei termini di legge esclude, infatti, una qualsivoglia inerzia della parte stessa e, dunque, non risulta pregiudicata dalla eventuale pronuncia di rito di inammissibilità del ricorso. La stessa posizione è stata adottata dal Tribunale di Firenze e Monza nelle predette linee guida.

– come deve essere l’istruttoria della fase sommaria? Secondo la dottrina presente si ha a che fare con una “sommarietà deformalizzata”, non semplicisticamente superficiale o parziale, stante peraltro l’applicazione dell’art. 421 cpc. Secondo i Giudici milanesi, invece, si avrebbe più propriamente a che fare con la sommarietà in senso proprio (accertamento della sola verosimiglianza, del fumus), rinviandosi l’istruttoria piena nella fase di eventuale opposizione. Secondo i Giudici, infatti, laddove la fase sommaria fosse intesa nel senso di “sommarietà deformalizzata” (simile alla istruttoria di cui al procedimento ex art. 702 bis cpc, la successiva fase di impugnazione sarebbe una fase di “appello”, quando, invece, pacificamente non lo è.

– il giudice (persona fisica) della fase sommaria può essere il medesimo della fase di eventuale opposizione? Anche qui le opinioni sono state discordanti. Secondo l’opinione prevalente della dottrina, deve trattarsi di giudici diversi, nel rispetto del principio di terzietà garantito dalla Costituzione e dall’art. 51 co. 1 cpc, che prevede l’obbligo di astensione del giudice che si sia già espresso in altro grado del processo. Di diverso avviso, invece, il Tribunale di Milano secondo cui può trattarsi del medesimo giudice persona fisica, sia per il rispetto dell’esigenza di celerità del rito, sia perché, in ogni caso, l’oggetto della fase sommaria e quello della eventuale impugnazione sarebbe differente. Sul punto, si legga quanto già scritto in altro articolo pubblicato su questo sito “Il nuovo processo breve”.

In conclusione:

Dall’esito del confronto svoltosi a Milano, le varie perplessità dai più manifestate nei confronti del nuovo rito sono divenute “certezza”, se si analizzano le prime diverse espressioni di alcuni Tribunali del lavoro. Alcuni hanno parlato di diritto processuale “regionale” o addirittura “provinciale”, sulla scorta delle diverse linee di pensiero adottate dalle diverse Corti di merito. Occorrerà certamente fare un nuovo punto della situazione magari alla fine del corrente anno, per valutare se i predetti diversi orientamenti si sono consolidati oppure sono mutati, sempre se, con l’insediamento del nuovo Governo, non si dovrà fare i conti con nuove ed ulteriori riforme della materia.

In materia di licenziamento, si rimanda comunque agli altri articoli pubblicati sul presente sito:  Ambito di applicazione del “nuovo processo breve”“La riforma Fornero in pillole”.

Una interessante sintesi delle prime applicazioni pratiche della legge Fornero può anche essere letta qui su Diritto24.

 

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